I sogni si somigliano tutti un po’
I videogiochi erano la sua passione; ne divorava a decine, ogni giorno, insieme a quantità indicibili di pistacchi che sgranocchiava in modo compulsivo al ritmo serrato delle sue digitazioni. La sua dispensa spesso era sguarnita; il frigorifero, poi, funzionava senza scopo e abbondava di spazi vuoti.
Una cosa, però, non mancava mai in quel monolocale disordinato, al sesto piano di un palazzone della periferia di Milano: confezioni sottovuoto di quei frutti salati e traditori che mantenevano nell’involucro tutta la loro fragranza e golosità.
Il rito si perpetuava uguale e puntuale davanti al monitor del PC, intorno alle dieci della sera, quando Mario si sedeva sulla sua sedia girevole e forava con un taglierino la plastica rigida che avvinghiava rugosa i pistacchi: il sibilo sottile dell’aria che si insinuava all’interno e li faceva quasi respirare donando ad essi la libertà di un istante, diveniva a quel punto un segnale di partenza, uno start in sordina per una nuova sfida…
Era quello il canale TV che preferiva: ventiquattro ore ininterrotte di film d’autore, pellicole d’annata passate veloci nelle sale cinematografiche, a volte senza lasciare traccia, storie impegnate, mai scontate, incastonate in una scenografia minuziosa dove ogni particolare era studiato, mai casuale, e i giochi di luci e di ombre creavano sempre atmosfere che non di rado le provocavano uno stato di pura commozione.
Alla fine delle sue giornate monotone e banali, prive di colpi di scena, così come era scritto persino nel suo nome, Anna rientrava dal call center presso cui lavorava, stanca e delusa. Si rianimava solo quando, varcata la soglia del suo appartamento, vedeva il divano fiorato che la invitava a sedersi e a dimenticare per qualche ora il grigio diffuso di una Milano che non amava.
Accadeva sovente allora che, dopo una doccia calda, sprofondasse su quel prato virtuale, morbido e familiare; impugnava il telecomando, digitava senza guardare le cifre corrispondenti al “suo” canale e si immergeva in quella che credeva essere l’unica sua possibilità di vivere un’ avventura.
Trascorreva l’intera giornata fuori casa e il pranzo si riduceva a cibi per lo più ipercalorici e poco salutari; decideva perciò di cenare quasi sempre a base di frutta, soprattutto uva, perché aveva letto da qualche parte che l’avrebbe aiutata a ridurre la ritenzione idrica e perché soprattutto le piaceva assaporare uno ad uno quegli acini succosi di nettare dorato…
Era la sera di un venerdì e nelle luci accese di una città che sospirava un po’ di riposo, Mario e Anna, ignorandosi l’un l’altro, disattivarono contemporaneamente e con soddisfazione la sveglia e si coricarono in cerca di sogni.
Il sabato successivo, verso mezzogiorno, come accadeva di solito, si decisero a dare un senso agli elettrodomestici del loro angolo cottura recandosi a fare la spesa nel supermercato più vicino: anche quella mattina quel luogo era affollato e paradossalmente, nel brulicare di gente abituata a vivere in perenne corsa, si riusciva a toccare con mano il senso della solitudine.
Al banco dei formaggi la fila era impressionante, e il collo delle persone riusciva a fare contorsioni mirabolanti per catturare quei pochi cm quadrati di vetro in grado di mostrare le offerte del giorno.
Anna si era accaparrata il numero 23 e Mario il 24; a servire c’era più di qualche dipendente e il display, casualmente, si illuminò in successione rapida su quei due numeri: “Serviamo il n. 23… Serviamo il n. 24…”.
– “Due etti di gorgonzola, per favore, quello dolce…” – dissero all’unisono.
Si guardarono con stupore e poi non riuscirono a fare a meno di scoppiare in una allegra, sonora risata.